dal libro “Sui passi dell’anima”
Solo il salto oltre noi stessi, compiuto appunto dalla nostra intelligenza accesa di fede, può smascherare l’azione ingannatrice dell’amor proprio.
Ma, poiché esso si riproporrà sempre, noi, pur avendo compreso e sperimentato questa vittoria, mai potremo riposarci. E’ necessario restare sempre pronti e armati per difenderci dai suoi nuovi attacchi, che purtroppo mai si palesano come tali, ma bensì come un naturale modo d’essere. Lì è l’inganno. Giacché, se l’amor proprio si presentasse annunciato da un suono di guerra, noi lo riconosceremmo in tempo e ci troverebbe pronti alla battaglia. Ma non è così. Per questo è necessario non solo educarci a smascherarlo, ma anche esercitarci a prevenirlo.
Esercitiamoci al distacco interiore
Per mantenere vivo l’esercizio al distacco interiore di fronte a tutto ciò che il mondo ci prospetta, non dimentichiamo che i beni terreni non portano in sé alcuna ricchezza durevole, per questo vanno considerati e gestiti in funzione della loro utilità, senza cadere nella dipendenza .
Non c’è utilità pratica che possa avere un valore superiore a quello del nostro distacco interiore, che ci occorre in sommo grado per mantenere la serenità necessaria ad organizzare e realizzare al meglio ogni cosa in ogni situazione, pur se abbiamo scarsi mezzi materiali.
dal libro "Il testamento dell'uomo"
La strada primaria da imboccare è per l’uomo quella di sconfiggere in lui il primo nemico: se stesso.
Il proprio “io” infatti è quell’ostacolo all’interno dell’uomo che gli impedisce la conoscenza di sé e delle realtà esterne, dandogliene una visione difettosa. L’”io” è tiranno dell’uomo, poiché lo lega fortemente alle impressioni di una immagine di sé falsata dalle vanità, dalla superbia e da una irrequieta e insolente brama di dominio e di superiorità.
L’inimicizia del proprio “io” porta quindi ignoranza e dolore. Ignoranza poiché impedisce l’atteggiamento dell’umiltà, unica porta di accesso alla conoscenza e allo sviluppo dell’intelligenza; dolore poiché irretisce l’interiorità dell’uomo in un processo incessante di competitività e di accanimento ad essere e mostrarsi ad ogni costo capace oltre i propri limiti.
dal libro "Lettere ai laici"
Caro figlio confuso dalla malinconia,
poniti all’ascolto del tuo cuore
e non della tua mente soggiogata dall’amor proprio.
Ci sono delle qualità in te che fanno fatica ad emergere poiché tu le sotterri,
preso come sei da preoccupazioni di ogni genere spesso fuori luogo.
Nell’uomo ci sono tante realtà, tutte potenzialmente funzionali al bello e al bene.
Ognuno secondo ciò che è e con ciò che ha deve portarle avanti nella propria vita.
L’anima, specchio di tutto ciò che è puro e vero, soffre in se stessa per le immagini deformate di vero
interpretate dalla nostra difettosa umanità che segue il calcolo matematico
anche lì dove dovrebbe uniformarsi alla logica dell’amore.
Noi subiamo i risultati di tale errore senza averne sempre siffatta chiarezza. Ne soffriamo però
per la nostra interna sensibilità che coglie le impurità e ce le trasmette nel dolore.
Non sempre noi riconosciamo le cause morali del nostro dolore. Eppure il dolore ci fa sentire spesso vittime,
quando in realtà siamo colpevoli della nostra negligenza.
Ora, qual è l’antidoto al dolore? L’amore.
Cosa ci impedisce di amare liberamente? L’amor proprio, il nostro crudele tiranno di sempre.
Esso non si sconfigge mai definitivamente, ma si può combattere se si è convinti di quanto sia impostore. Esso infatti ci pone
gli eventi in un’ottica che inibisce la capacità di vedere l’intero.
L’amor proprio è sostenuto dall’orgoglio che si camuffa dietro mille ragioni. Solo indietreggiando dalle nostre posizioni con la volontà di impugnare l’arma della semplicità possiamo smascherarlo.
I semplici hanno la capacità di sviluppare una umiltà vittoriosa, che è quella che nasce dal cuore e non dalla mente.
Non disdegnare la funzione della mente, ma non metterla in trono.
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